08 novembre 2018
Roma, 8 novembre 2018 - Per comprendere appieno l’entità delle migrazioni, con il relativo impatto sul tessuto socioeconomico italiano, occorre anzitutto smascherare le false credenze cominciando dai dati.
“Immigrazione 2018” è un importante dossier nato dalla collaborazione tra Idos e Unar, rispettivamente uno dei più attendibili centri di studi e ricerche italiani e l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che da ventotto anni si occupano di realizzare un rapporto statistico per offrire una corretta chiave di lettura all’interno del dibattito sui movimenti migratori che coinvolgono il nostro Paese.
La verità che emerge dalla lettura del report annuale smentisce in maniera netta le convinzioni errate che circondano il fenomeno, ridimensionandolo e tratteggiando una panoramica molto differente da quella mediamente percepita dal cittadino.
L’Italia, ad esempio, non rappresenta né la nazione con il più alto numero di immigrati né quella che ospita più rifugiati e richiedenti asilo; con appena cinque milioni di persone, si colloca dietro a molti altri Stati europei come Germania e Regno Unito, Svezia e Austria.
Sebbene le credenze comuni e una forte disinformazione riescano a far passare un messaggio diametralmente opposto, il numero di immigrati presenti sul territorio italiano è pressoché stabile già dal 2013, così come la loro incidenza che sfiora appena l’8.
La chiusura delle rotte del Mediterraneo (62mila sbarcati in meno rispetto al 2016) ha inoltre determinato una drastica riduzione anche nel numero dei minori non accompagnati, che sono passati dalle 25.800 unità di due anni fa alle 2900 registrate nei primi sette mesi del 2018.
Se sul fronte degli arrivi i dati mostrano chiaramente un calo continuo, preoccupa invece l’impennata senza precedenti dei morti in mare, spesso legati anche alle minori capacità di ricerca e soccorso delle navi Ong, impegnate nel 35% delle operazioni di salvataggio e delegittimate da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica.
Dal 2000 ad oggi, i migranti ad aver perso la vita nei mari di tutto il mondo sono oltre 40mila: più della metà, 22mila, sono deceduti percorrendo la rotta italo-libica in cerca di un futuro migliore.
Mentre tutte le statistiche delineano un quadro decisamente lontano da quella propaganda che paventa invasioni e addirittura sostituzioni etniche pianificate, il Ddl emanato dal Ministro dell’Interno Salvini – se convertito in legge dal Parlamento dopo l’approvazione del 4 ottobre – rischia di comportare una concreta criminalizzazione dell’immigrazione e dell’accoglienza nei confronti di tutti coloro che sono costretti a ricorrervi per motivi umanitari.
Sabato 10 novembre è previsto a Roma un nuovo corteo nazionale che radunerà persone provenienti da ogni parte d’Italia, accomunate da ideali contrari al razzismo e che sfileranno pacificamente contro l’operato del Governo per mostrare il proprio dissenso contro le norme contenute nel decreto Salvini.
A farne le spese potrebbero essere quelle migliaia di richiedenti asilo già inseriti in progetti lavorativi, condannati così all’invisibilità sociale, ai quali verrebbero tolti strumenti e servizi essenziali.
Lo stesso monito era già stato avanzato dall’Asgi e riportato da Left nel numero del 31 agosto: i giuristi dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione segnalano da mesi come il pericolo concreto sia quello di creare una situazione di “disordine sociale”, destinato a lacerare in modo forse irreversibile i programmi di integrazione messi in atto da alcune realtà come la Riace di Mimmo Lucano.