10 agosto 2018
Left,
settimanale edito da Matteo
Fago
e diretto da Simona
Maggiorelli,
ha dedicato al complesso quesito la copertina del nuovo numero della
rivista, in edicola dal
10 al 16 agosto.
Le
ragioni per comprendere e cercare di prevedere quale sarà il
ruolo dei piccoli e grandi centri abitativi sono
innumerevoli, così come gli esempi poco virtuosi di nuove
periferie
e di quei “non-luoghi”
coniati
dall’antropologo Marc
Augè:
uguali in tutto il pianeta, oggetti di un’espansione rapidissima, e
privi
di una vera identità
che sappia legarli al luogo sul quale sorgono.
Roma,
10 agosto 2018. Il problema tocca da molto vicino alcune delle città
più belle d’Italia, come ricorda Paolo
Bertini su Left,
che cita gli esempi eclatanti di Roma
e Venezia
come gioielli straordinari e tra i più colpiti dalla “monocultura
del turismo di massa”.
Dopo
oltre cinque millenni in cui le città hanno saputo mantenere
inalterati i due equilibri fondamentali che le governano, ovvero
regolamento delle esigenze produttive e mantenimento della
popolazione residente, l’avvento
dell’economia liberista con
le sue manifestazioni più impattanti (su tutte la grande industria
manifatturiera) ha stravolto
la filosofia ed i paradigmi dell’urbanizzazione classica.
I
risultati più vistosi, oltre all’omologazione
e ghettizzazione
di intere zone cittadine, coinvolgono il cosiddetto il turismo
“mordi e fuggi”
che sta devastando il tessuto sociale di quei quartieri un tempo
abitati dai ceti popolari.
Nel
caso di Roma, sebbene ancora distante dai numeri veneziani, si
calcolano infatti nel solo 2015 oltre 40
milioni di presenze turistiche,
spesso veicolati da grandi imprese globalizzate e multinazionali -
come Airbnb - che
stanno gradualmente operando una sostituzione degli alloggi dei
residenti con case vacanza.
Uno
degli effetti più prevedibili, ma non per questo meno devastanti,
della gentrification
e dell’esplosione del settore terziario.
Un
destino diverso ma altrettanto preoccupante riguarda Istanbul:
un tempo crocevia tra Oriente
ed Occidente e custode di
radici culturali millenarie, oggi megalopoli richiestissima e la cui
espansione caratterizzata da grattacieli
modernissimi e urbanizzazione
scellerata rischiano di minarne la storia presente e quella futura, e
in certi casi anche quella passata.
Tarlabasi
è solamente l’ultimo esempio di quartiere storico a rischio
demolizione nella metropoli turca, ricorda Dino
Buonaiuto su Left.
Sono
sempre più numerose le zone che vengono distrutte per cedere il
posto ai nuovi mega-progetti
che mirano a sostituirle, e la
concezione stessa della città è vittima di una trasformazione
rapida ed inesorabile che finisce col mettere in discussione il suo
stesso ruolo: da centro aggregativo per i cittadini che ci vivono e
producono ricchezza tramite lo scambio e la produzione di merci, oggi
la città stessa è divenuta
una merce dalla quale trarre profitto.
E
sebbene il caso speculativo di Istanbul
rischi di rappresentare il modello unico di una futura dinamica
mondiale, non mancano gli esempi
di resistenza al neoliberismo
del mattone.
Nel
villaggio cittadino di Baishinzhou,
al contempo così vicino e distante da Pechino,
sopravvive sin dagli anni ’80 una piccola oasi
urbana vivace e colorata,
sulla quale grava un progetto di riqualificazione che rischia di
stravolgerne l’interessante esperienza creata da affitti
economici, grande solidarietà
umana ed una solida
identità comune.
Qua
i lavoratori migranti hanno avuto l’opportunità di creare, lontano
dagli spazi alienanti della capitale
cinese.
La
risposta spagnola
è invece all’insegna del neomunicipalismo,
formula nata in seguito ai subbugli politici del 2008 e che coinvolge
alcune delle città più importanti come Madrid
e Barcellona:
le amministrazioni intervengono sui gli affitti temporanei degli
alloggi, riformano le procedure
di appalto pubblico e
sperimentano nuovi modelli di servizi ed imprese ai servizi delle
esigenze collettive grazie alla concessione
di immobili pubblici.